Celgene, negli USA, è alle presi con i problemi legati ai prezzi dei farmaci. A febbraio, dopo la richiesta di ulteriori studi a sotegno da parte della FDA, la biotech statunitense ha dovuto rivedere i piani su ozanimod, candidato contro la sclerosi multipla accreditato di molte aspettative. Secondo alcuni ossevatori, lo stop di ozanimod avrebbe avuto ripercussioni sui prezzi di Revlimid e Pomalyst. Un portavoce di Celgene ha risposto che “le decisioni della compagnia sui prezzi riflettono i benefici che le nostre terapie innovative forniscono ai pazienti, al sistema sanitario e alla società”. Ha aggiunto, inoltre, che il valore dei farmaci di Celgene “continua ad aumentare, supportato dai crescenti positivi esiti clinici per i pazienti”. Tutto ciò accade in un momento particolare per le pharma americane. Dopo che il presidente degli Stati Uniti ha svelato il suo piano sui prezzi dei farmaci all’inizio di maggio, il segretario del Dipartimento della Salute, Alex Azar, ha alzato il tiro affermando che la deregulation dei prezzi negli Stati Uniti consente alle aziende farmaceutiche di “accumulare enormi profitti” mentre i pazienti lottano per accedere ai farmaci.
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